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Le novità dell'ultrafinanza tra cose da salvare e pericoli seri

di Andrea Franceschi

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1 marzo 2010

Innovazione e ricerca sono le chiavi dello sviluppo. Questa affermazione è vera solo in parte se si parla di finanza. Ancora oggi l'economia mondiale sta facendo i conti con una crisi originata dagli effetti collaterali delle alchimie di Wall Street. Derivati, Cdo, Cds, strumenti congegnati con precisi scopi, hanno finito per assumerne altri, diventatando un'arma di quella speculazione che ha contribuito in buona parte al crollo dei mercati di fine 2008.

«Qualcuno sa dirmi quale recente innovazione nel campo della finanza ha avuto un impatto significativo nella vita delle persone importante quanto il bancomat?» si è chiesto povocatoriamente Paul Volcker. L'ex presidente della Fed, ora alla guida dell'Economic Recovery Board del presidente Obama, è uno dei più scettici riguardo l'utilità delle ultime scoperte dell'ingegneria finanziaria. Sicuramente le sue 82 primavere hanno un'influenza sulle sue convinzioni. Ma sarebbe un errore definirlo un vecchio conservatore. La verità è che sono in molti a pensarla come lui. Il premio Nobel Paul Krugman per esempio. Ecco cosa scrive l'economista in un vecchio articolo sul New York Times: «È dura trovare una recente innovazione finanziaria che ha effettivamente migliorato la società. Gran parte ha contribuito ad aggirare la legge e generare bolle speculative o schemi di fatto assimilabili a quello Ponzi (quello di Madoff ndr.)».

Insomma, se per molti settori (dall'high tech alla sanità) l'innovazione è la chiave dello sviluppo sembra proprio che, nel campo della finanza, i passi indietro siano più che quelli avanti. Ma è proprio così? Robert Litan, membro del prestigioso think thank Brookings Institute ha voluto cogliere quella che lui chiama «la provocazione di Paul Volker» e, in un saggio di 47 pagine dal titolo «In difesa di molta, ma non tutta, l'innovazione finanziaria», ha cercato di spiegare cosa buttare e cosa salvare. Ha preso in esame alcuni dei principali strumenti (dalle carte di credito ai credit default swap) e li ha suddivisi in quattro macrocategorie (pagamento, gestione del risparmio, investimento e allocazione del rischio). Poi ha assegnato a ciascuno un rating (da 0 a ++) a seconda di facilità di accesso, convenienza e contributo al Pil.


Facilità di accessoConvenienzaContributo al Pil
Pagamenti
Bancomat+++++
Carte di credito+++++
Carte di debito+++++
Gestione del risparmio
Fondi comuni++++0
Fondi indicizzati+++++
Etf++0/+
Hedge Funds000/+
Private Equity00+
Tips++++0/+
Investimento
Credit scoring++++0
ARMs++N/A+-/--
Home equity lines of credit++++-
Asset backed securities++++-/+
CDO++++--
SIV++++--
Venture Capital++++
Allocazione del rischio
Opzioni e futures+++/++
Interest/Currency Swaps+++++/++
Credit default swaps+++



Per un'analisi dettagliata dei voti rimandiamo al saggio pubblicato sul sito del Brookins, limitandoci a segnalare un'innovazione che l'economista considera «da buttare» (gli hedge fund) e uno «da salvare» ( i credit default swap).

Hedge Fund troppo rischiosi
Benché il primo hedge fund sia stato fondato nel 1949, queste «boutique finanziarie» destinate a persone facoltose e investitori istituzionali hanno iniziato a diffondersi soprattuto negli anni '80. «I fondi hedge - scrive Litan - sono come dei normali fondi di investimento dopo un dose massiccia di steroidi: molti usano i soldi dei loro investitori come garanzia prendere altro denaro a prestito e fare corposi investimenti a leva». Hanno un'alta rischiosità e per questo non vengono considerati molto convenienti (il rating è 0). Bassa anche l'accessibilità, dato che solo i grossi portafogli possono permetterseli, mentre l'elevato rischio sistemico riduce al minimo il contributo al Pil.

I cds sono un'utile «spia» del richio
Nonostante il loro nome sia associato alla peggiore speculazione, i credit default swap, a cui Litan assegna punteggio + per accesso, convenienza e contributo al Pil, vengono salvati. I Cds (che assicurano sul fallimento o altro evento negativo legato a un investimento sottostante) sono per Litan una buona forma di copertura e un'untile «spia» per segnalare la maggiore o minore rischiosità di un titolo o di un'obbligazione. «In molti - scrive - hanno criticato i Cds per il ruolo avuto nel generare il panico nei giorni prima del crack Lehman. La mia opinione è che sono ambasciatori di notizie. E ambasciator non porta pena»

1 marzo 2010
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